Mi piacerebbe che in Campo S.Polo tornassero i bambini in bicicletta; che in Campo S. Silvestro giocassero a pallone, le imprecazioni di qualche sagrestano perché non c’è più rispetto per nessuno neanche per una chiesa e questa palla ve la porto via se non la smettete (“se no ghe a moè, ve porto via ea baa”), che non è swahili ma veneziano puro.
Mi piacerebbe che i putei fossero di tutte le razze, bianche, gialle e nere perché adesso a Venessia abitano tante etnie diverse perché tutti hanno sempre accolto tutti e chi ha il codice fiscale che termina con L736, cioè nato a Venezia, è il figlio di chi ha scelto di trasferirsi qui, magari da un posto lontano.
Mi piacerebbe che la farmacia di Campo San Bortolo, quella che ha il “conta residenti” e che segna 50.911 isole comprese, improvvisamente lampeggiasse 55.000 e dopo qualche mese 100.000 perché adesso qui c’è lavoro per tutti e non solo per “quei che vende scoasse ai foresti” (non solo per quelli che vendono spazzatura ai turisti) e che noi ci siamo trasferiti perché è bello andare a lavorare in barca, abbiamo una topetta e di affitto non paghiamo poi tanto, perché il Comune ci dà una mano.
Mi piacerebbe che a Venezia tornasse “Aldo strasse”, a Santa Giustina, quello che vendeva abiti vintage (strasse, stracci,) ché se compravi i vestiti da lui eri figo per definizione e che adesso si direbbe un bell’esempio di economia circolare. Mi piacerebbe che riaprissero almanco dieze novi biavaroli (come minimo dieci nuovi piccoli esercizi di alimentari) e che l’insegna del negozio dei miei cugini, ribattezzato Baletton perché i cinesi la erre non la sanno pronunciare, fosse un negozio a Km zero, perché a Venezia adesso “semo tuti sostenibili”, siamo tutti sostenibili.
Mi piacerebbe che la Francesca che porta i turisti in Giudecca o all’Arsenale proponesse due itinerari alternativi “la Venezia del passato” e “quella del presente”, ché in Giudecca si fa di nuovo il cinema, anche se “aumentato” e la “Nuova Scalera” è una società di produzione di VR[1] anglo-afro–giudecchina mentre all’Arsenal se costruisse le barche, quelle vere come una volta ma più piccole, no grandi navi, per carità!
Antonella Baretton
[1] VR: acronimo per “Virtual Reality” (Realtà Virtuale).
Grandissimo!
Un augurio d’amore per Venezia!