Quando ero bambina, una delle cose che più amavo fare nelle belle giornate di sole era pattinare. L’appuntamento era con le amiche in Campo San Polo. Certo, mi piaceva di più, allora come ora, Campo San Giacomo: raccolto, con gli alberi, una bella chiesa antica e le amiche di Santa Croce[1], quelle della Priuli[2]… ma quelle radici che affioravano dalla copertura di asfalto erano troppo fastidiose, a San Giacomo non si pattinava, si sussultava.
Campo San Polo invece era grande tanto da essere quasi dispersivo ma, aveva “la pista”… Sul lato opposto a quello della chiesa infatti, c’era una fascia di pavimentazione contornata da una striscia di pietra d’Istria bianca che disegnava un bel rettangolo lungo quanto un lato del campo che era la nostra pista di pattinaggio. Mi basta ricordare quei giorni e mi torna vivissima la percezione e il rumore delle rotelle che giravano sul selciato.
Percorrevamo talmente tante volte la nostra fascia del pattinaggio che conoscevamo perfettamente la successione dei masegni[3]: come erano posati e quanto scabri o lisci fossero. Si iniziava con una prima parte faticosa, ostica, le pietre ruvide e anche un pò sconnesse ma, lo sapevamo, dovevamo soffrire un pò per arrivare all’ultimo tratto, quello più lungo, dove i masegni si disponevano a spina di pesce e diventavano piani, uniformi e lisci, lisci tanto da far scivolare le nostre rotelle e darci la possibilità di qualche timido volteggio e farci sentire un pò come le pattinatrici del pattinaggio artistico in TV…
Ci sono tornata in Campo San Polo, alla nostra pista di pattinaggio. Io quella successione di pietre me la ricordavo. Precisamente. Mi sono resa conto di conoscerla al centimetro, passo dopo passo anche senza guardare, era dentro di me insieme a tutte le sensazioni e le emozioni che quelle pietre in un attimo hanno fatto venir fuori. Perché è vero che da qualche parte la nostra vita rimane, e certamente là, nei luoghi che amiamo.
Alessandra
[1] Uno dei Sestieri di Venezia
[2] Palazzo Priuli, un tempo sede della scuola elementare femminile, oggi sede della scuola secondaria di I grado.
[3] Il termine masegno, in veneziano, indica un blocco di pietra intagliato per farne un elemento della pavimentazione. I masegni in trachite euganea sono stati utilizzati a Venezia nel corso del Settecento per sostituire la più antica pavimentazione di mattoni in cotto a spina di pesce.
Ricordo tutto molto.bene anch’io.
Per noi maschietti invece le. linee bianche in pietra d’Istria che una volta limitavano le fondamenta, erano per noi le piste per i “cimbani”(tappi di bottiglie appesantiti con cera e ricoperti con immagini dei nostri campioni )
Ancora adesso ci sono delle buche nelle pietre bianche (noi chiamavamo “la.morte”) che se ci cadevi dentro con il “cimbano” dovevi tornare a giocare dalla partenza.
Che piacere questa condivisione di ricordi!
È stato un tempo della nostra infanzia ricco di bei momenti magici ovunque tu andavi da San Polo ai Frari, a San Giacomo dall’ Orio, dove tutto appariva bello, spensierato, giocoso, privo di pericoli. Giocavi con due pezzi di legno, in pratica con la sola fantasia, tornavi a casa contento, stanco, affamato, ma al tempo stesso ti sentivi bene, soddisfatto di aver fatto buone conoscenze e nuove amicizie.
Ho letto con emozione questo racconto legato alla infanzia di Alessandra…mi ha rammentato la gioia che provavo anch io quando pattinavo in campo santa margherita da bambina…
I bambini potevano usare la bicicletta e giocare a pallone ..si facevano i disegni con i gessetti colorati sulle pietre d istria .. ora sembra tutto interdetto e riservato ai turisti . ..
Forse solo in campo san Giacomo dall Orio si può respirare l atmosfera di quei giorni passati perché ci sono sempre tanto bambini che giocano. ..
Grazie per aver condiviso questo bel ricordo d infanzia ☺
Che piacere ritrovarsi!